Il futuro di Roma passa dai Municipi
Come viene spesso ripetuto Roma è la seconda singola città più estesa d'Europa dopo la Greater London, ossia l'istituzione che racchiude l'area metropolitana di Londra. I paragoni con la capitale inglese finiscono qua, perché infatti se l'area metropolitana della più importante città britannica è generalmente riconducibile ad un'unica entità chiamata Londra, nei fatti non è così. La metropoli è composta, al di fuori del suo nucleo più centrale - la city of London - da tanti piccoli comuni, denominati boroughs, che ne compongono il mosaico amministrativo.
La città di Roma è invece un unico grandissimo comune, che si estende per poco meno di 1.300 km2 . Il comune è stato creato così fin dall'inizio - anzi in passato includeva altre aree poi diventati comuni autonomi come Fiumicino e Ciampino - e grosse riforme o ripensamenti in questo senso non si sono verificati nel corso della sua storia moderna, attraverso l'epoca postunitaria, il fascismo e infine gli anni del grande boom economico.
La Capitale è in effetti sempre stata oggetto di manie di grandeur : il suo territorio doveva includere l'Urbe - che fino alla Breccia di Porta Pia si era ristretta ben al di qua delle Mura Aureliane tanto che il Colosseo era considerato periferico-, l'Agro, una terra fertile quanto desolata tanto da ispirare decine di poeti romantici, e addirittura il mare, nel desiderio di una città marinara che accomunasse la Roma Imperiale antica a quella mussoliniana.
Dunque Roma è sempre stata un città legata ai grandi spazi aperti, ai latifondi, ai ricchi proprietari terrieri e le loro rendite fondiarie. Proprio il meccanismo della rendita fondiaria, più che un reale bisogno di fornire alloggio alla pur grande popolazione che Roma accolse nel corso del Novecento - con un vera e proprio esplosione demografica nel secondo dopoguerra e fino agli anni Settanta - sono alla base della grande espansione urbanistica della città che negli ultimi decenni ha portato a decuplicare, perlomeno, la sua estensione.
Per governare meglio la "nuova" Roma, quella che oggi chiamiamo così ma che fino a pochi decenni fa non era che aperta campagna, il governo della città si è dotato di istituzioni di prossimità, con poteri nell'elargizione di servizi pubblici e subordinati al potere centrale del Campidoglio
Sulla base del cosiddetto "principio di sussidiarietà", ossia che a prendersi cura dei servizi più vicini ai cittadini fosse l'ente "più vicino possibile", sancito anche nella Costituzione, Roma (come altre grandi città italiane) si è dotata in un primo momento di "Circoscrizioni", tramutate in seguito in "Municipi".
Il Municipio è un organo amministrativo a tutti gli effetti con poteri al livello legislativo ed esecutivo. E' composto da un Presidente, da una Giunta e da un Consiglio Municipale, i quali vengono formati in seguito alla loro elezioni diretta, che avviene necessariamente in concomitanza con l'elezione del Sindaco di Roma.
I Municipi hanno poteri riguardo numerosi servizi pubblici, come la manutenzione di strade e aree verdi, le scuole, le iniziative sociali e altri che possono essere consultati sullo Statuto aggiornato di Roma Capitale. Cruciale è, però, per comprenderne la reale estensione dei poteri, fare attenzione alla specificazione al livello "locale" dei servizi gestiti dai Municipi. Non tutti i servizi pubblici di un Municipio, per quanto prossimi o molto utilizzati, sono gestiti direttamente dall'amministrazione municipale, ma solo quelli espressamente indicati.
Per fare un esempio molte delle strade più usate dei nostri quartieri non sono di pertinenza dei Municipi, ma appartengono al settore "grande viabilità" di Roma Capitale. Lo stesso discorso vale per le aree verdi più importanti e frequentate.
Con la riforma di Roma Capitale, approvata nel 2013, il numero dei Municipi è stato ridotto, si è proceduto ad alcuni accorpamenti e ad una loro ri-numerazione, la quale era rimasta priva della XIV Circoscrizione, ossia dell'attuale Comune di Fiumicino.
Nonostante ciò, rimane l'incompiutezza di quello che era stato pensato come un progetto di delocalizzazione. Una devolution dei processi amministrativi dalle mani di un potere centrale - spesso percepito come lontano dagli abitanti delle sempre più estese periferie romane - verso forme di governo più attente alle diverse esigenze dei territori e più prossimi ai bisogni dei cittadini.
Il tema del decentramento amministrativo non è spesso dibattuto in periodo di campagna elettorale a Roma e di rado viene portato come una priorità dalle nuove amministrazioni capitoline. Tuttavia, se da un lato appare sempre più chiaro come la causa dei numerosi disservizi del Comune risieda nella impossibilità da parte di questo di erogarli in maniera efficiente su un territorio così vasto, dall'altro occorrerebbe accorgersi che Roma è diventata anche qualcos'altro. E questo qualcos'altro ha probabilmente bisogno di forme di riconoscimento molto più forti.
di Giovanni Tucci