Roma metropoli multietnica
Roma è una metropoli, a sua insaputa, multietnica. Da questo semplice assunto, confermato ormai dai dati sulla popolazione straniera residente in città, si può partire per instaurare una riflessione su un aspetto della città che molto spesso non traspare nel dibattito pubblico e di cui gli stessi abitanti non hanno consapevolezza.
L'estesa superficie della città infatti, secondo singolo comune più esteso in Europa, e la sua storica predisposizione all'utilizzo del mezzo privato, alla vita di quartiere, e alla divisione in quadranti (Roma Nord, Roma Sud etc) non consentono ai romani di accorgersi della varietà etnica della sua popolazione. Così non avviene in altre metropoli europee, come Milano o Parigi, dove basta un semplice viaggio in metropolitana o una camminata dalla stazione al centro per rendersi conto delle centinaia di nazionalità presenti in città.
Anche le politiche cittadine di certo non hanno riconosciuto questa presenza e non hanno aiutato ad appianare i conflitti tra "vecchi e nuovi romani", che continuano a verificarsi talvolta con estrema violenza, noti a tutti sono i casi di Torre Maura, Casal Bruciato e Tor Sapienza; nei primi l'oggetto della stigmatizzazione è stata la comunità rom, nell'ultimo le forti proteste della popolazione residente contro l'arrivo di rifugiati in un centro d'accoglienza della zona.
Entrambe le proteste hanno goduto del supporto di forze politiche di estrema destra, che hanno spinto i residenti, provati dal progressivo peggioramento dei servizi pubblici erogati dal Comune in periferia e dall'aumento dei tassi di disoccupazione, contro la popolazione straniera con l'obiettivo di trarre attenzione mediatica e consenso politico.
Che Roma sia una grande città abitata, il più delle volte pacificamente, da diverse etnie lo confermano però i dati e l'osservazione d'insieme.
Cominciamo col ricordare che, al 2018, secondo l'Istat a Roma risiedevano 383.000 stranieri, pari circa al 13% della popolazione. La recente pubblicazione dal titolo "Le mappe della diseguaglianza", frutto del lavoro dei ricercatori del blog Mapparoma, conferma che la presenza multietnica, più che essere concentrata in ghetti urbani come talvolta la rappresentazione mediatica vorrebbe suggerire, è ben distribuita sul territorio comunale.
Le aree a maggiore concentrazione straniera (oltre il 30% sul totale dei residenti) sono Grotta Rossa Ovest e Appia Antica Nord, a cui seguono i centralissimi quartieri di Trastevere, Centro Storico ed Esquilino (27-28%). In quella che un tempo era considerata periferia, oggi chiamata "periferia storica", spiccano Quadraro e Tor Pignattara, ma la popolazione straniera residente supera il 20% anche nelle periferie attuali, quelle intorno al GRA, come a La Storta e Muratella.
Per chi non li conoscesse tutti, parliamo di zone di Roma situate ai quattro angoli della città e con caratteristiche tra loro molto diverse.
A Roma il numero di nazionalità sfiora le 200, complice anche la presenza di ambasciate e istituti culturali, ma le tre comunità più numerose sono quella rumena, filippina e bangladese. I rumeni a Roma sono 93.000 e abitano in prevalenza a ridosso del e oltre il Raccordo. Essi furono tra i primi a giungere nella Capitale, complice la crisi economica e politica avvenuta nell'Est Europa negli anni Novanta. Anche i filippini giunsero a Roma più o meno negli stessi anni. Oggi sono circa 42.000 e vivono in particolare nell'area Nord, dove si concentra la domanda di lavoro nel settore di pulizia e cura domestica. Infine la terza comunità di nuovi romani è quella dei bangladesi, in numero di circa 32.000 e concentrati nei quartieri centrali e orientali, impegnati principalmente nella ristorazione e del commercio al dettaglio.
Questi numeri aiutano a vedere meglio ciò che spesso si nasconde ai nostri occhi, una città ricca di diversità e plurale, a tutti gli effetti una metropoli globale, anche se come sempre con i suoi tratti distintivi e particolari. A metà tra collasso e resilienza, tra solidarietà e cinismo, Roma continua da secoli ad attrarre nuovi abitanti e ad accoglierli tutti, come dimostra il fatto che i quartieri dove i nuovi romani scelgono di insediarsi, ad esempio nella periferia Est, ricalcano quelli dove si insediava appena arrivata la generazione dei nostri nonni che emigravano dal Centro e dal Sud, o dove oggi scelgono di risiedere studenti e giovani lavoratori.
Perché allora quanto scoppiano rivolte come quelle citate in precedenza l'opinione pubblica sembra non riconoscere questa realtà, etichettando la presenza di stranieri come un problema di alcune lontane e riottose periferie? Roma è veramente una città così inospitale con chi ha una pelle di colore diverso, prega un altro dio e parla un'altra lingua? Cosa si fa nei quartieri dove la multietnicità è una caratteristica rilevante, come nel rione Esquilino e a Tor Pignattara, per promuovere il dialogo e la collaborazione pacifica tra diverse culture?
Queste sono le domande su cui è importante riflettere e di cui dovremmo collettivamente preoccuparci. Se Roma infatti continua a mantenere negli anni una fragilissima stabilità demografica, che poi è anche economica, lo deve infatti ai flussi di immigrati, stranieri e italiani, che continuano a convergere sulla Capitale in cerca di opportunità.
Di contro, i romani di lungo corso da anni hanno messo in atto una fuga dalla città rivolta verso i nuovi quartieri fuori dal GRA e verso i comuni della "prima cintura". Una tendenza, che complice la contrazione dei prezzi del mercato immobiliare, solo negli ultimissimi anni si sta invertendo. E che forse è una buona notizia per la città. Riavvicinandosi, vecchi e nuovi romani potrebbero finalmente conoscersi e scoprirsi più simili di quanto credono.
di Giovanni Tucci e Benedetto Pasanisi